Dietro le quinte

Vite al margine: storia di una storia

Dietro le quinte di Andrea Pasini

Il co-autore Andrea Pasini ci racconta come si è sviluppata la storia dell’albo di dicembre 2020 “Vite al margine”.

La lettura di questo testo potrebbe rovinarvi i colpi di scena presenti sia nell’ultimo inedito sia in “Tragico scambio”, albo uscito nell’agosto del 2019. Quindi se ancora non li avete letti ma avete intenzione di farlo, NON PROSEGUITE OLTRE LA LETTURA.

Tutto è partito da un soggetto proposto da Angelo Palmas, ma non questo soggetto qui, un altro. Quello che ha poi portato alla realizzazione dell’albo “Tragico scambio”, uscito nell’agosto del 2019. Lì, per buona parte della storia, si pensava che Eva fosse stata aggredita mentre vestiva i panni di Alice Foster e che versasse in condizioni disperate all’ospedale, mentre Diabolik, nei panni del marito di Alice, finiva in carcere accusato, paradossalmente, di aver ridotto lui in fin di vita Eva Kant. Nel finale si sarebbe poi scoperto che l’aggredita era veramente Alice Foster e che Eva, dopo essere stata colpita alla testa dall’aggressore, tra uno svenimento e l’altro, era riuscita a mettersi in salvo.
Raccontando a Diabolik (e quindi anche al lettore) come erano andate le cose, Eva spiegava che una volta messasi in salvo, aveva nuovamente battuto la testa e aveva temporaneamente perso la memoria. In quel frangente era stata aiutata da una senza tetto e, per qualche giorno (ovviamente con addosso una maschera) aveva vissuto con lei, tirando avanti con piccoli espedienti e affrontando i pericoli della vita da strada. Poi, recuperata la memoria, si era data da fare per far uscire di prigione il proprio compagno.
Tutta la parentesi di “Eva barbona” fu tagliata quasi subito durante la lavorazione di quel soggetto: la storia era già molto ricca e articolata e quella parte avrebbe sottratto pagine preziose al cuore della vicenda.
A me però quell’idea era molto piaciuta e ho quindi proposto ad Angelo di lavorare assieme su un nuovo soggetto che cominciasse proprio con la vita di due senza fissa dimora facendo in modo che, solo dopo, il lettore scoprisse che una delle due era in realtà Eva Kant. Quindi, idealmente, dividemmo la storia in tre parti: dopo quella iniziale con Eva nei panni di Olga ce ne sarebbe stata una centrale che avrebbe mostrato come Eva aveva perso la memoria e, infine, una parte conclusiva in cui Diabolik avrebbe provato a fargliela tornare, riuscendoci solo dopo una serie di infruttuosi tentativi.
Mi piaceval’idea di mettere Diabolik alle prese con un’amnesia di Eva che non voleva passare anche perché sarebbe stata una situazione che, ribaltandola, avrebbe richiamato quella dell’albo “I due nemici” (n. 21 del 1966) dove alle prese col frustrante compito del far tornare la memoria al proprio compagno avevamo visto Eva.
Il modo in cui Diabolik alla fine sarebbe riuscito a far tornare la memoria a Eva è stato, per me, la cosa più difficile da affrontare. Nulla mi sembra abbastanza forte da funzionare. Nel tentativo di trovare qualcosa che mi convincesse avevo anche pensato di giocare la carta del romanticismo spinto: facendo portare Eva da Diabolik, nella suite reale dell’hotel Excelsior in cui è nato il loro amore. Ma nessuno di quelli coinvolti nell’operazione (né Gomboli, né Palmas e neppure la mia socia Rosalia Finocchiaro, che avrebbe poi sceneggiato con me l’albo) l’ha trovata una buona idea. Sigh!
È stato poi Angelo Palmas ad avere l’idea giusta, architettando la complessa messa in scena che occupa la parte finale dell’albo a cui Mario Gomboli ha aggiunto la presenza dell’ispettore Ginko come ciliegina sulla torta. Ed è stata proprio la presenza di Ginko che ci ha dato la possibilità di mettere in bocca a Eva, nel momento del recupero della memoria, la stessa esatta battuta che le Giussani diedero a Diabolik nel medesimo frangente: “Dannato ispettore!”