Data la natura dell’articolo, è necessario che abbiate letto prima l'albo perché non solo certe informazioni si apprezzano solo conoscendo la trama in questione ma, soprattutto, la lettura di questo testo potrebbe rovinarvi i colpi di scena presenti. Quindi se ancora non lo avete letto ma avete intenzione di farlo, NON PROSEGUITE OLTRE LA LETTURA.
Diabolik (in solitaria per fare una sorpresa a Eva) deve portare a termine un furto molto semplice: penetrare in una villa, aprire una cassaforte e portarsi via una collana che la sua compagna desidera tanto. Ma a metà colpo Diabolik viene sorpreso e messo fuori combattimento da una presenza del tutto inattesa. Lui non poteva sapere che sotto la villa c’è un bunker dove vive, in auto reclusione, un uomo scomparso da tempo.
Sono questi gli elementi dell’incipit che ci ha proposto Thomas Pistoia da cui siamo partiti, Mario Gomboli e io, per sviluppare “L’uomo nel bunker” (questo il titolo di lavorazione della storia).
Per prima cosa ci siamo chiesti Marco Sholl (l’uomo nel bunker) chi fosse, perché fosse nel bunker e che cosa sperasse di ottenere dalla cattura di Diabolik. Sin da subito c’è piaciuta l’idea che fosse il marito, scomparso, della padrona di casa, che vivesse rintanato perché la malavita lo stava cercando e che vedesse nella cattura di Diabolik l’occasione per tornare a vivere, finalmente, fuori dal bunker.
Ci siamo quindi posti altre due domande: che tipo di rapporto ci fosse tra Marco e la moglie e come sperasse di ottenere la libertà grazie alla cattura di Diabolik. Entrambe le risposte dipendevano da come avremmo deciso di caratterizzato: ci sarebbe stato simpatico o antipatico?
La linea “antipatico” prevedeva che Marco avesse davvero fregato il boss malavitoso per cui lavorava e per lui Diabolik poteva essere una preziosa merce di scambio: lo avrebbe consegnato al boss e in cambio quello avrebbe tolto la taglia sulla sua testa. Con un Marco bastardo avremmo visto bene o un ottimo rapporto con sua moglie (sua complice in tutto e per tutto, bastarda pure lei) oppure lui non vedeval’ora di liberarsene e quindi, una volta non più costretto a vivere nel bunker, l’avrebbe lasciata.
La linea opposta (quella che poi abbiamo scelto) vedeva invece Marco come un brav’uomo, che avrebbe quindi chiesto a Diabolik solo due maschere, per sé e la moglie, con i relativi documenti e nulla più. In quel caso, però, ci piaceva pensarlo come una vera vittima. Quindi non sarebbe stato lui a fregare la banda per cui lavorava ma la moglie, che poi aveva fatto cadere la colpa su di lui. Una volta che ci siamo decisi per questa direzione, c’è venuta anche l’idea di togliere di mezzo il boss: sarebbe stato ucciso dalla polizia poco dopo l’auto reclusione di Marco ma sua moglie, che a quel punto volevamo davvero cattiva, lo aveva lasciato marcire nel piccolo bunker per sfruttarne le capacità.
Poi, un pezzetto alla volta, abbiamo deciso tutto il resto: dal prologo in cui mostrare il colpo fallito di Diabolik un anno prima, all’inevitabile finalino con la terribile vendetta di Marco nei confronti della sua aguzzina.