Dietro le quinte

La lunga attesa: dietro le quinte

Lo sceneggiatore Roberto Altariva ci racconta alcune curiosità sull'inedito di giugno 2021.

 

Data la natura dell’articolo, è necessario che abbiate letto prima l'albo perché non solo certe informazioni si apprezzano solo conoscendo la trama in questione ma, soprattutto, la lettura di questo testo potrebbe rovinarvi i colpi di scena presenti. Quindi se ancora non lo avete letto ma avete intenzione di farlo, NON PROSEGUITE OLTRE LA LETTURA.

STORIA DI DUE DIADEMI E UN UOMO – L’idea presentata da Michele Iudica prevedeval’arresto da parte di Ginko di un ricettatore in un’operazione di polizia e la successiva scoperta dell’ispettore della presenza del Diadema delle Spade fra la sua merce. A quel punto, Ginko decideva quindi di usare il gioiello per tendere una trappola a Diabolik. Nel corso dell’elaborazione del soggetto, l’idea è stata in gran parte modificata anche con interventi di Mario Gomboli, nonostante la trama sia poi stata attribuita al solo Andrea Pasini. 
Nel Grande Diabolik del 2011 “Alla Ricerca della Stella di Ampur” veniva rivelato che la Stella di Ampur era stata venduta in segreto dopo che la polizia l’aveva recuperata da un rifugio di Diabolik e molti anni dopo il nero criminale aveva scoperto che era finita in mano a un commerciante di gioielli del Rennert che l’aveva smembrata. Quindi, perché il Diadema delle Spade doveva trovarsi invece nelle mani di un ricettatore? E perché il ricettatore non lo aveva disassemblato per rivendere le pietre separatamente, come sarebbe stato logico per un gioiello che era nel mirino di Diabolik?
Scartata quindi dalla redazione l’idea del ricettatore, per risolvere i dubbi io ho suggerito di trasformare il proprietario del gioiello in un collezionista amante dei gioielli di pregio, che aveva acquistato il diadema in segreto e ci teneva che non venisse smembrato.
Sono proprio gli interrogativi che si era posto che lo hanno spinto a dedicare la prima lunga parte dell’episodio alla ricostruzione della storia dei diademi, vissuta attraverso gli occhi del collezionista che li aveva acquistati, narrandola alternando flashback dai vecchi episodi e sequenze inedite (in realtà, con molte più scene nuove che vecchie). 
Io, appena letto il soggetto, mi sono reso conto che se non fossi riuscito a sintetizzare come si deve la storia dei diademi e contemporaneamente a rendere “vivo” e interessante il personaggio di Redford, la prima metà dell’albo sarebbe diventata piuttosto pesante. Sono riuscito nel mio intento? Difficile dirlo; in giro ho letto molti giudizi sia a favore che contro. Personalmente, però, sono orgoglioso del risultato.

HO STERMINATO UNA FAMIGLIA – Il soggetto prevedeva che Gerardo Daven avesse ceduto a Redford entrambi i diademi, ma c’era un problema: mentre col matrimonio il Diadema delle Spade era diventato di proprietà di sua moglie Eugenia, che sarebbe stata felice di liberarsene per paura di Diabolik, la Stella di Ampur apparteneva alla zia di Gerardo, Margherita di Samor che vi era molto legata e difficilmente sarebbe stata d’accordo a darlo via, per cui ho deciso che nel tempo intercorso fra “La Lunga Notte”, in cui Diabolik aveva rubato i diademi, e “La Vittoria di Ginko”, in cui erano stati recuperati, la duchessa dovesse essere morta e la proprietà era passata a Gerardo ed Eugenia; d’altra parte, era una donna avanti con l’età.
C’era però un altro problema: possibile che in tanti anni Diabolik non avesse mai scoperto a chi Gerardo ed Eugenia avevano venduto i diademi? Anche ipotizzando che avessero fatto il trattamento anti-pentothal per non rivelare nulla se drogati, come mai il Re del Terrore non era riuscito a strappare loro l’informazione in altro modo? Per rendere credibile la cosa, ho stabilito che anche loro due dovessero quindi essere defunti non molto tempo dopo aver ceduto i gioielli. Insomma, ho praticamente compiuto una strage; forse dovrei sentirmi un po’ in colpa.

ESAME ANNULLATO – Sia io che Andrea Pasini ritenevamo che per rendere più credibile la loro trappola, Redford e Ginko avrebbero dovuto istituire un controllo del volto all’interno della stanza d’albergo, dato che era risaputo che Diabolik era interessato al diadema in vendita. Io avevo anche ideato un modo per farglielo superare, ma alla fine in Astorina è stato deciso che per non appesantire troppo la storia era meglio non metterlo. D’altra parte, troppe misure di sicurezza avrebbero potuto spingere a ritenere che per Diabolik sarebbe stato più logico tentare il colpo dopo la vendita, invece che nell’albergo, mentre la mancanza di quel controllo sarebbe stata giudicata da Diabolik una semplice leggerezza da parte di Redford e del detective da lui assunto. 

L’esame del volto non è quindi stato inserito.

IL BOSS INVISIBILE – Angelo Packard, che viene nominato nella storia in quanto Umberto Austin – che viene rapito da Diabolik – ricicla denaro sporco per lui, è un boss del crimine che agisce a Clerville già da parecchi anni e lo abbiamo conosciuto nell’albo “Il Regalo”, n. 8 del 2014. Tra l’altro, non è la prima volta che in una storia del Re del Terrore compare qualcuno che lavora per lui e si fa il suo nome, senza che lui stesso sia visibile all’interno dell’episodio; era già successo in “A Mani Nude”, n. 2 del 2016.

POLIZIOTTI E IMITATORI – Che anche Ginko, come Diabolik, fosse in grado di imitare bene le voci lo avevamo già scoperto in “In Mano al Nemico” (n. 4 del 2016), in cui simulava prima la voce del criminale che aveva rapito Diabolik parlando con Eva al radio-orologio, e poi quella di Diabolik stesso, quando indossando la maschera col volto del criminale saliva sull’auto guidata da quella che credeva essere Eva. Qui non solo vediamo l’ispettore imitare nuovamente il Re del Terrore, ma scopriamo che anche Finch, uno degli agenti della sua squadra, è in grado di farlo. La cosa può apparire forzata, ma mi piaceva mostrare la scena in cui l’agente che aveva indossato la maschera di Austin al posto di Diabolik chiamava Eva per dirle del colpo annullato; se a farlo fosse stato Ginko avrei dovuto mostrare solo lei che riceveva la chiamata senza far vedere il volto di chi la chiamava, per non rovinare il colpo di scena.

L’AGENTE SENZA VOLTO – Un’altra stranezza, comunque, è che di Finch non vediamo mai il vero viso, perché quando compare, nella storia, ha sempre il volto coperto, o dalla maschera antigas o da quella con la faccia di Austin. Non c’è un motivo particolare o chissà quale mistero dietro ciò, semplicemente, visto lo spazio limitato, non c’è stata occasione di mostrare la sua vera faccia.

GINKO NON È UN "PIRLA" – Nella scena in cui l’infermiera viene fermata dai poliziotti, inizialmente era previsto che avesse addosso una microspia attraverso cui Eva scopriva la trappola. In realtà questa soluzione non piaceva granché né a me né ad Andrea, perché faceva fare una pessima figura a Ginko, che avrebbe dovuto sospettare la cosa e farla perquisire o controllare che non ci fossero segnali audio in uscita con un apparecchio apposito.

Ci siamo quindi sforzati di trovare un’idea migliore, che è arrivata quando mi sono reso conto che il fatto di non venire richiamata al radio-orologio da quello che per lei doveva essere Diabolik, avrebbe reso credibile che Eva chiedesse all’infermiera non solo di sostituire la flebo con quella truccata, ma anche di consegnargli un radio-orologio, ipotizzando che l’altro potesse essere rotto. Il nuovo radio-orologio, attivabile e disattivabile da lei a distanza, poteva quindi sostituire la microspia permettendo di “fregare” Ginko senza che risultasse un “pirla”. L’ispettore, infatti, fa controllare che non vi sia una trasmissione audio in uscita, ma Eva – che ha già sentito della presenza dei poliziotti attraverso l’orologio – lo ha disattivato prima del controllo.

IL TITOLO: Il titolo di lavorazione era “La Tela del Ragno”. Volendo ricollegare il titolo di questo albo alla storia in cui tutto era iniziato, io avevo proposto “Il Lungo Inganno”, con riferimento al fatto che Redford fosse riuscito a ingannare Diabolik per tanti anni, riuscendo a tenere segreto che il Diadema fosse in mano sua. Naturalmente non potevo sapere che il numero di gennaio si sarebbe intitolato "Vile inganno", la redazione ha voluto comunque mantenere l’idea del collegamento fra i titoli, modificandolo ne “La Lunga Attesa”; titolo che in effetti risulta perfetto per la storia